domenica 1 novembre 2015

Pier Paolo Pasolini
 
"Si applaudono soltanto i luoghi comuni, mentre sarebbe il caso di coltivare l'atrocità del dubbio"
 
Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922 - 2 novembre 1975)
 
Di Pasolini e su Pasolini ho letto molto. È lo scrittore che più di ogni altro mi ha trasmesso l'interesse e la passione per la letteratura e la memoria. Ho iniziato a leggerlo solo dopo la sua morte. Forse perché il suo assassinio, perpetrato in una terra desolata quale era Ostia a metà degli anni Settanta, creò scalpore, fomentò polemiche, disvelò ai più la cruda realtà delle borgate romane e del sottoproletariato giovanile. Ma quando iniziai a leggerlo, mi si aprì un mondo, una prospettiva. Non potei rimanere indifferente di fronte al suo stile letterario, alla forza di provocazione, alle sue denunce di una società in profonda trasformazione, alla poetica che privilegiava, lui borghese, il rapporto con la realtà più difficile, con il popolo, con gli ultimi. Ciò che Pasolini scrive e filma di quel mondo non ha nulla a che vedere con lo sviluppo e con il boom economico, imperniati sull'omologazione e sulla dittatura dei consumi. Lui lo può fare perché, a differenza della maggior parte degli intellettuali e degli scrittori del tempo, conduce la vita dei suoi simili, parla la loro stessa lingua, frequenta quotidianamente il popolo. Per definire la deriva che stava avvenendo coniò il concetto forte di "genocidio culturale". E difatti, quel mondo e quei suoi personaggi oggi sono stati spazzati via dalla "modernità", dalla storia.
Ebbe decine e decine di querele, denunce, processi per reati che andavano dalla diffamazione a mezzo stampa al vilipendio della religione all'oltraggio al pudore. Non volevano che scrivesse, che si esprimesse, che denunciasse il malaffare, il perbenismo borghese, il moralismo bigotto, le trame occulte e eversive. Venne segnalato all'Italietta del tempo come un artista pericoloso, da evitare. Lo hanno censurato, perseguitato, hanno cercato di fermarlo in ogni modo. E, il 2 novembre 1975, ci sono riusciti.
Non ha lasciato eredi, almeno a me pare, ma di lui abbiamo un'opera letteraria vastissima: scritti di tutti i generi, poesie, romanzi, sceneggiature, film, interventi critici, articoli, saggi.
Da quarant'anni, però, ossia da quando è stato assassinato, ci manca la sua passione viscerale, la sua coscienza critica, la scandalosa irrequietezza, l'analisi lucida e penetrante, il suo orgoglio intellettuale, il suo sguardo profondo sul mondo, il suo immenso talento.
Insomma, ci manca Pasolini.
 
 
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